Giorn. It. Ost. Gin. Vol. XXVIII - n. 12

Dicembre 2006

 

 

Vaginosi batteriche in gravidanza:

trattamento con Peroxen vs Clindamicina intravaginale

 

G. Giuffrida, A. Mangiacasale

 

 

Riassunto: Vaginosi batteriche in gravidanza: trattamento con Peroxen vs Clindamicina intravaginale.

 

G. Giuffrida, A. Mangiacasale

 

Obiettivo: valutare la diversa efficacia della clindamicina e del perossido d’idrogeno nel trattamento delle vaginosi batteriche in gravidanza.

Materiali e metodi: sessanta donne con tampone vaginale positivo per vaginosi batterica tra la 13ª e la 16ª settimana di gravidanza sono state randomizzate per essere trattate con clindamicina ovuli vaginali da 100 mg per 3 giorni o con perossido d’idrogeno in crema vaginale allo 0,50% per 5 giorni. Le stesse pazienti, in caso di persistenza della positività al tampone eseguito 3 settimane dopo la terapia, mantenendo la randomizzazione originale, sono state trattate con clindamicina ovuli vaginali da 100 mg per 7 giorni o con perossido d’idrogeno in crema vaginale allo 0,50% per 10 giorni. Un terzo tampone di controllo è stato eseguito 3 settimane più tardi.

Risultati: dopo il trattamento con clindamicina per 3 giorni, il 33% delle pazienti ha mostrato una persistenza della flora batterica vaginale anomala. Lo stesso è accaduto nel 30% delle pazienti trattate con perossido d’idrogeno per 5 giorni. Tutte le pazienti sono risultate negative al tampone di controllo seguente il secondo ciclo di terapia.

Conclusioni: il perossido d’idrogeno si propone come una valida alternativa nel trattamento delle BV (Bacterial Vaginosis) in gravidanza. L’efficacia farmacologica nell’eradicazione delle infezioni è risultata pari alla clindamicina. Il suo utilizzo non è stato gravato da effetti collaterali particolari ed ha mantenuto un costo inferiore rispetto agli altri presidi utilizzati.

Summary: Bacterial vaginosis in pregnancy: treatment with Peroxen vs vaginal Clindamycin.

 

 

G. Giuffrida, A. Mangiacasale

 

Objective: to compare the efficacy of clindamycin with hydrogen peroxide for treatment of bacterial vaginosis during pregnancy.

Methods: 60 positive women for bacterial vaginosis at between 13th and 16th weeks’ gestation were randomized to a treatment with clindamycin intravaginal ovules 100 mg for 3 days or with hydrogen peroxide vaginal cream 0,50% for 5 days. The same patients, in case of persistence of positive vaginal smear provide 3 weeks after treatment, with the same randomization, received a second curse of treatment with clindamycin intravaginal ovules 100 mg for 7 days or with hydrogen peroxide vaginal cream 0,50% for 10 days. A third vaginal smear was performed 3 weeks later.

Results: after treatment with clindamycin for 3 days, 33% of patients was positive for bacterial vaginosis at the control vaginal smear. The same occurred for 30% of patients treated with hydrogen peroxide for 5 days. All the patients was negative at the new control after the second curse of treatment.

Conclusions: hydrogen peroxide is a valid alternative for treatment of bacterial vaginosis during pregnancy. It was effective to eradicate abnormal vaginal flora like clindamycin. Treatment-related adverse events were not reported and the cost was lower than other proposed therapies.

 

 

Introduzione

 

Il parto pretermine (prima della 37a settimana di gestazione) è una patologia della gravidanza di estremo rilievo, essendo una delle cause più frequenti di mortalità e morbilità perinatale, oltre ad essere gravata da importanti sequele patologiche a distanza (1), anche se i dati epidemiologici dagli USA indicano come il tasso di mortalità neonatale si sia abbassato da un’incidenza di 13,1/1000 nati vivi a 6,1/1000 nella razza bianca e da 22,8/1000 a 12,1/1000 nella popolazione nera (19). Il parto pretermine è una sindrome complessa che coinvolge fattori biochimici, immunologici, istopatologici, anatomici ed infettivi (18) ed è in costante aumento negli ultimi anni, a dispetto di una conoscenza sempre maggiore dell’etiologia di questo problema. L’ipotesi più accreditata è quella che viene definita intrauterine inflammatory response syndrome. In questa condizione, si realizza l’attivazione del travaglio in seguito alla sintesi di prostaglandine a livello del miometrio e della matrice delle membrane. I dati suggeriscono come, a volte, alla base di questo meccanismo possa esserci un’infezione delle membrane o del liquido amniotico. Per risalita dei germi (3), le vaginosi batteriche (BV) possono determinare una colonizzazione della decidua, del chorion ed anche del liquido amniotico.

I batteri possono, direttamente o indirettamente,  determinare la produzione di citochine infiammatorie, l’attivazione della sintesi di prostaglandine, stimolando la conversione dell’acido arachidonico presente nel liquido amniotico tramite la produzione di fosfolipasi A2 (22). Le diverse specie batteriche responsabili delle BV, infatti, hanno un’attività fosfolipasica molto più intensa del Lactobacillus che ne è privo e che rappresenta la flora normale. Inoltre, le endotossine batteriche incrementerebbero ulteriormente la produzione di PGE2, attraverso un’azione IL-1 mediata (20). Secondo alcuni Autori, anche il feto parteciperebbe alla produzione di citochine parto-inducenti, in risposta ad un ambiente divenuto ostile in seguito all’amnioite (21). In ogni caso è con la realizzazione della cascata infiammatoria che si avrebbe l’innesco della depolimerizzazione del connettivo cervicale e delle contrazioni uterine (2-4).

Le BV sono spesso caratterizzate dalla presenza di perdite vaginali in assenza di altri sintomi o segni di infiammazione vaginale (5) e sono presenti in circa il 10-30% delle pazienti gravide (6). Le BV in gravidanza sembrano risolversi spontaneamente quasi nel 50% dei casi (11).

Studi randomizzati, eseguiti su popolazioni ad alto rischio hanno evidenziato come il trattamento delle BV durante la gravidanza possa ridurre il rischio di parto pretermine (12-14), ma studi condotti su donne a basso rischio hanno mostrato esiti contrastanti (15, 16).

L’utilizzo di clindamicina in crema vaginale al 2% o in ovuli vaginali da 100 mg per 3 giorni è risultato essere un trattamento standard, efficace e con pochi effetti collaterali, per le BV (7-10).

Lo scopo di questo studio è quello di confrontare l’efficacia dell’uso della clindamicina e del perossido d’idrogeno per eradicare le BV in gravidanza e diminuire l’incidenza di parti pretermine nelle popolazioni a basso rischio. (Tab.1)

 

 

Materiali e metodi

 

Lo studio è stato condotto presso la Casa di Cura Lucina ed ha coinvolto 150 pazienti gravide asintomatiche per infezioni vaginali, che hanno avuto l’ultima mestruazione tra il 3 giugno 2005 ed il 30 novembre 2005. Prima del reclutamento è stata fatta un’anamnesi accurata ed è stata eseguita un’ecografia per una corretta datazione dell’epoca di gestazione. Sono state escluse dallo studio le pazienti sottoposte a terapia antibiotica, sistemica o locale, meno di 2 settimane prima del reclutamento, le gravidanze gemellari o plurime, le pazienti con cerchiaggio, diabetiche, con anamnesi positiva per parto pretermine o pregressa PROM, con tampone positivo per infezioni sessualmente trasmesse.

Le pazienti reclutate sono state sottoposte a tampone vaginale tra la 13a e la 16a settimana di gestazione. In caso di positività al tampone per BV, le pazienti sono state assegnate in modo randomizzato, secondo un rapporto 1:1, ad un protocollo di terapia con clindamicina ovuli vaginali da 100 mg al giorno per 3 giorni o perossido d’idrogeno in crema vaginale allo 0,50% con un’applicazione al giorno per 5 giorni. Un secondo tampone è stato eseguito circa 20 giorni dopo l’esecuzione della terapia. Al persistere della positività, mantenendo la randomizzazione precedente, il trattamento è stato ripetuto con la stessa posologia giornaliera, ma allungandone la durata a 7 giorni per la clindamicina ed a 10 per il perossido d’idrogeno. Un terzo tampone è stato eseguito dopo circa 20 giorni dalla sospensione della terapia.

La terapia è stata considerata efficace quando ha portato alla negativizzazione del tampone vaginale.

Per tutte le partecipanti allo studio sono stati valutati gli effetti indesiderati.

Non è stato registrato alcun dropout.

 

Risultati

 

Un totale di 150 pazienti sono state reclutate e sottoposte a tampone vaginale.

Di queste, 60 sono risultate positive e sono state randomizzate per ricevere il trattamento terapeutico (Tab.2). La Tabella3 mostra le caratteristiche di queste pazienti.

Dopo il trattamento con clindamicina ovuli vaginali da 100 mg per 3 giorni, il 33% delle pazienti ha mostrato una persistenza della flora batterica vaginale anomala.

Lo stesso è accaduto nel 30% delle pazienti dopo il trattamento con perossido d’idrogeno crema vaginale allo 0,50% per 5 giorni. Tutte le pazienti sono risultate negative al tampone di controllo seguente il secondo ciclo di terapia, eseguito con lo stesso dosaggio, ma per 7 giorni con la clindamicina e 10 giorni con il perossido d’idrogeno.

Non si sono verificati parti pretermine né si sono evidenziate differenze fra i tre gruppi per quanto riguarda epoca, modalità del parto od outcome neonatale. Si sono verificati 7 casi di rottura prematura delle membrane a termine di gravidanza, senza differenze statisticamente significative di distribuzione nei diversi gruppi. (Tab.4-5)

 

 

Discussione

 

Nel nostro studio abbiamo osservato un gruppo di donne in gravidanza omogeneo per razza, età, altezza, peso, con anamnesi negativa per parto pretermine per valutare se lo screening ed il trattamento delle BV durante le prime fasi della gestazione possano essere utili nella prevenzione del parto pretermine. Tutte le gravidanze erano singole e tutte le pazienti coinvolte nello studio erano a basso rischio.

Lo studio ha rilevato come l’efficacia della terapia con clindamicina in ovuli vaginali o con perossido d’idrogeno in crema vaginale sia sovrapponibile. Nel gruppo trattato con perossido d’idrogeno vi è stata una minore incidenza di effetti collaterali.

Così come in altri studi, non si sono riscontrate differenze significative nei gruppi trattati terapeuticamente (tampone positivo) e nel gruppo non trattato (tampone negativo) per quanto riguarda l’incidenza di PROM e parto pretermine.

Questi numeri sono in contrasto con quanto emerso dai risultati statunitensi di “The vaginal infection and prematurity study group” (1995). Questo studio valutava 10.397 gestanti, arruolate fra la 23a e la 26a settimana di gestazione. La presenza di BV in quest’epoca è risultata significativamente correlata con il parto pretermine, soprattutto nelle pazienti ad alto rischio per tale patologia.

Una differenza importante fra questi studi è l’epoca in cui la BV viene diagnosticata. Alcuni Autori hanno evidenziato come le BV siano più facilmente diagnosticabili nelle prime fasi della gravidanza, dato che comunque tendono alla regressione spontanea in circa il 50% dei casi. Tali osservazioni indicano come nelle fasi più avanzate si realizzi un ambiente sfavorevole alle infezioni batteriche per il fisiologico aumento dei lattobacilli e del perossido d’idrogeno da loro prodotto.

La remissione spontanea delle BV non mette al riparo però dal danno causato dall’ascesa dell’infezione che si verifica proprio nei primi mesi di gravidanza. È questo il motivo per cui si rende estremamente utile una diagnosi precoce ed un trattamento tempestivo delle BV.

In conclusione, lo screening deve essere applicato entro la 16a settimana di amenorrea, poiché dopo quest’epoca qualsiasi terapia diventa inutile dal momento che l’eventuale danno da BV si è già realizzato.

Il perossido d’idrogeno si propone come una terapia di efficacia farmacologica pari alla clindamicina, sostanzialmente priva di effetti collaterali, ad un costo inferiore rispetto agli altri presidi utilizzati.

 

 

Bibliografia

 

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